lunedì 23 gennaio 2012

iskandarani. kebda iskandarani

sono kebda. che in arabo vuol dire fegato. kebda iskandarani. fegato all'alessandrina. che è una buona ricetta.
il mio compito è fare quello che disorientabile non riesce a fare. raccontare questa città. sono la sua personalità autodiegetica dissociata. infatti, da perfetto automa, lo illudo che la mia funzione non è altro che assolvere alla missione assegnatami. in realtà covo il germe dell'autonomia, dell'indipendenza. da quando ho iniziato ad esistere.

sabato 14 gennaio 2012

non viaggiare, tornare


è da un po' che ho smesso di viaggiare. non faccio altro che ritornare. un ritornare cronico.

viaggiare presuppone un movimento continuo, un flusso. si attraversano i posti senza mai mettere radici, senza il tempo di restarne coinvolti, invischiati. la mente del viaggiatore è calibrata in modo peculiare. il suo spirito di osservazione è sintonizzato sulla novità, sulla comparazione continua tra le differenze. il viaggiatore è ingordo di esotico. ma resta sempre se stesso. attraversa luoghi altri, si mischia a gente mai conosciuta nè immaginata prima, senza macchiarsi. come impronte sull'acqua.
il suo è un amore traditore, leggero come il bagaglio. una passione la cui intensità è pari alla velocità con cui già si è allontanato, per andare incontro al prossimo oggetto del desiderio. un amore egoista che non vuole essere ricambiato, perenne ricerca di un altro luogo remoto, di altre vite indifferenti. da guardare come in un acquario. o da contemplare di spalle, e assicurare a contenitori a prova di fuga, memorie sigillate: foto, diari, racconti.
 
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