sull'ultimo attacco israeliano su gaza si dice tanto, spesso in maniera superifciale e confusa. non è giusto, visto che la gente là semplicemente muore. e non solo là, ma in tutta l'area. in un po' di tempo libero ho tradotto/riassunto questo
articolo, uscito su al-Quds al-arabi (giornale arabo filopalestinese di base a lodra) il 16 novembre. l'autore è Ezzat el-Kamhawi, giornalista e scrittore egiziano (tra i vari lavori ha scritto un libro sull'immigrazione verso l'italia e l'europa,
La vergogna tra le due sponde,
eccone una recensione).
questo articolo dice cose che mi passavano per la testa in questi giorni, che credo vadano considerate. spero sollevi domande quanto dia risposte.
Non comprendiamo più quel che
non sopportiamo
Quello che succede in
Palestina fin dal '48 è indubbiamente doloroso. Adesso, per di più,
è un rompicapo, che va osservato in relazione a quello che sta
succedendo nell'intera area.
Questo vale in misura
maggiore per i regimi post-primavera, dalla posizione difficile e di
difesa in cui si trovano. L'occidente, dopo un attimo di esitazione,
ha contribuito ad azzerare le loro conquiste.
Né le sezioni in cui
gli schermi dei canali di news arabe sono divisi aiutano a capire.
Ieri (il 15) la tv era
divisa tra Idlib, Gaza, il Cairo e Amman.
Un aereo che bombarda
una città: potrebbe essere israeliano, invece è siriano. Mentre c'è
chi ancora si sforza di credere che colpire Assad significhi colpire
lo spirito dell'opposizione araba, venerdì scorso migliaia di
siriani manifestavano contro la brutalità di Assad e di Netyanahu
insieme.
Nel riquadro di Gaza,
l'aeronautica israeliana colpisce con maggior selettività, mietendo
meno vittime. Non perché Netanyahu sia più etico, ma è legato alla
specificità di questo conflitto, che contempla, in primo luogo,
imminenti elezioni.
I missili diretti in
Egitto (non provati, né qualcuno l'ha fatto notare nei vari dibatti
TV) chiamano in causa il fratello musulmano Morsi più che Ramallah.
Perché basare il progetto della resistenza all'occupazione sulla
religione invece che su prerogative nazionali? Questo non legittima
automaticamente la rivendicazione sionista alla base della fondazione
di Israele? La divisione tra Gaza e ANP non è una questione
nazionale e non religiosa? Non offre ad Israele la giustificazione di
non avere interlocutori?
Inoltre per il mondo
occidentale, Gaza è ormai assimilata al terrorismo islamico, tutti i
suoi cittadini sono considerati coinvolti con Hamas,
indipendentemente dalle loro singole opinioni e azioni.
Il riquadro egiziano.
L'espulsione dell'ambasciatore Israeliano risponde certo al clima
delle piazze egiziane. In effetti risponde alla sopravvivenza del
governo attuale, visto che la questione palestinese ha unito tutti
gli egiziani in questi giorni. Oltre all'espulsione e un breve
discorso a Gaza, cos'altro può fare Morsi? Gli ikhwan non hanno
messo l'Egitto in grado di aiutare sé stesso, tanto meno possono
aiutare i loro stati amici. Il compito del presidente egiziano
dovrebbe essere la riunificazione della Palestina, non propendere per
Gaza come Mubarak si era schierato per l'ANP. E dopo di ciò dovrebbe
essere in grado di fermare gli attacchi israeliani, e sfidare gli
americani. Ma è troppo debole, ha riserve economiche troppo
insignificanti per imporsi.
La tessera giordana,
aiuterà a capire la situazione? L'aspirazione del popolo giordano
alla giustizia sociale e alla libertà valgono quanto quelle di ogni
altro popolo. Ma l'attacco al governo e l'insorgere degli Ikhwan
giordani non promette bene. Non avremo profughi di una sola nazione
se andassero male le cose. Oltre ai giordani avremo palestinesi,
iracheni ed egiziani (che non troverebbero lavoro nell'Egitto
post-indipendenza).
Lo schermo arabo, con i
suoi riquadri, è forse più di quanto si possa sopportare o
comprendere. Forse lo schermo intero occidentale offre di più alla
contemplazione. Le trasmissioni in Israele mostrano alla coscienza
occidentale la paura dei missili, più che i loro effetti, e le
lacrime delle famiglie dei tre caduti, mentre celano famiglie intere
eliminate in Siria e Gaza. Ciò non vuol dire che la televisione
occidentale stia cantando la messa per Israele, ma la verità è che
ha viziato i suoi spettatori con un'immagine stereotipata e retriva
della politica araba.