giovedì 5 agosto 2010

la meccanica delle cose .1

non si può trasformare una stanza in officina.
sopratutto se ci mangi.


comunque la prima parte è fatta. di più non posso fare.
questa mia delle biciclette deve essere una malattia. in fondo napoli non è propriamente la città adatta. al di là delle salite il problema sono gli altri utenti della strada. la loro bestiale aggressività.
intanto ho tolto tutte le parti che sono riuscito a togliere. solo la forcella è rimasta, ed una vite che teneva il parafango di dietro. con uno straccetto di metallo ancora appiccicato.
piano piano l'ho spogliata. pezzo dopo pezzo. buttando via quello che era inutilizzabile.

l'ultima tranche è stata dura. ho dovuto trapanare le viti che erano troppo arruginite per essere sfilate con cacciavite e chiave inglese. la posizione era scomoda, usavo un piccolo scaletto come ripiano, tutto scivolava.
anche i miei occhiali. per via del sudore. era come se la realtà si scollasse e la perdessi così. come se stesse scivolando.
il parafango posteriore ha presentato qualche difficoltà per via del difficile accesso alle viti in questione. peccato che adesso ha quel buco in corrispondenza della vite che non sono ancora riuscito a rompere. è difficile trovarne di ferro. anche se questo è completamente arruginito, vedrò cosa si può fare.

il lavoraccio è stato il cavalletto. io odio i cavalletti. adesso.
è strano. da bambino sostenevo che il cavalletto era un accessorio importantissimo per una bici. da bambino avrei voluto una bici da cross. quella con il cambio a leva sul tubo orizzontale, che assomiglia a quello di un'auto. e invidiavo i ragazzi che ce l'avevano. alcuni avevano pure lo schienale alto, che sembrava un chopper.

io, una bici così non l'ho mai avuta. a 14 anni mi fu comprata una mountain bike ibrida. quelle con le ruote da 28 pollici di diametro (o 700 se si vuole contare la lunghezza, o anche 622, che non so per cosa stia), quelle grandi per farla breve. molto più comoda per le strade urbane, ma a quel tempo mi piacevano le ruote più piccole e larghe. ci saltavi sui marciapiede senza ammaccare il cerchio. però mi ci sono divertito all'epoca.
e quella è ancora la mia bici. la recuperai nel 2001. l'ho chiamnata "libera" perchè finii il 25 aprile. adesso va ancora. non c'è stato bisogno di nessun intervento. un po' di svitol e via. non è perfetta, ma funziona. un po' pesante. assomiglia al mio modo di rapportarmi col mondo, con la società. le biciclette mi scoprono testardo.

torniamo al cavalletto. è di alluminio pressofuso. che viene attaccato ad una piccola pedana fatta apposta sul telaio con una vite di acciaio. con la ruggine i due metalli si saldano. ho passato un'ora ed un paio di punte da acciaio a disintegrare una vite a brugola da 8 con il trapano. bestemmiavo come un turco. mi sono sentito un novello éfeso. alla fine si è rotto il bastardo, mica la vite. coriacea la stronza.

più di tanto non posso fare. mi mancano gli attrezzi, e forse anche lo spazio giusto.

il movimento centrale (o bottom bracket, in inglese), quello che ci attacchi i pedali, non ho le chiavi giuste per smontarlo. mi mancano anche quelle per svitare la calotta che tiene ferma la forcella. questa è parecchio dura a girare.   bisognerebbe pulire i cuscinetti. per ora mi sono arrangiato con un bagno di sbloccante. poi si vede.

sono un pò deluso in realtà. è una cosa che mi porto dietro fin dall'infanzia. avrei voluto con le mie sole forze, e qualche piccolo attrezzo, spogliare completamente la bici. in modo che non restasse che prendersi cura del metallo del telaio. grattarlo, verniciarlo. il desiderio di ritornare all'origine e ripetere il percorso.
una cosa che a volte vorrei fare con la mia stessa vita. ed in questo caso neanche un meccanico mi può aiutare.
e a quel punto che rischio di perdere il divertimento. quando scopro il secondo fine, lo scopo allucinatorio che si nasconde dietro il mio semplicemente restaurare una vecchia bianchi.

avrei voluto ripartire dal telaio, trovare un paio di pezzi vecchi (o vintage, che sono più costosi) e farmi una bici da corsa. cosa che sogno da tempo. il tutto rispettando un budget risibile, così per mantenere quel sapore boehmién della cosa.

ero completamente fuori strada. intanto ho sgomberato il pavimento. poi lo pulisco e rivedo i miei piani.

2 commenti:

  1. Decostruire per ricostruire. Facile, in teoria, ma la prassi ti fotte sempre...

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  2. infatti ho scoperto ieri che la forcella è irrimediabilemente piegata..
    dadaisticamente mi crogiolo tra i pezzi di ricambio che ne ho ricavato

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