sabato 6 novembre 2010

futuro postumo - ogni tanto bisogna pur scegliere

questa volta non c'entrano le mie croniche instabilità e frenetiche indecisioni. au contraire! una volta tanto torno con i piedi per terra e mi tocca fare una scelta, prendere decisioni un po' più, come dire, impegnative.

e mi piace la fortuita quanto esatta continuità con disorientabile (che, anche se ho abbandonato da qualche tempo, spero anzi conto di proseguire). i commenti del bradipo e, ultimissimo, di turistadimestiere al mio ultimo post hanno trovato una risposta nelle ultime settimane.



sono mesi che indirizzo i miei sforzi nel costruire il mio futuro (che sembra quasi postumo a 33 anni), lavorativo e non solo: lavorare, da intellettuale, in quello che ho da sempre e con passione studiato, la letteratura araba.
certo, come sapranno molti altri che sbarcano il lunario sfruttando il proprio intelletto, le prospettive sono quelle che sono, la competitività alta, le opzioni poche, le porte di accesso sono oscure e impreviste.
ma un piano, io ce l'ho: cominciare a fare muovere le cose tramite l'università. un dottorato, in soldoni. per lavorare sulla mia ricerca, per scacciare questo tarlo che mi rode da tempo (sono in grado? ce la farei? etc..), per fare le cose sopratutto, e prendere contatti.
scriteriato? beh.. le cose sono in movimento da tempo. non navigo nell'oro, ma non sto fermo un secondo. mi piace, poi.

ma c'è altro. ad una scelta scriteriata (la cultura come pane quotidiano) si aggiunge una vera follia: io scelgo di restare. in italia.
per di più dopo che mi ero guadagnato qualche, concreta benché minima, possibilità all'estero (offerta di dottorato a exeter uk - questione del finanziamento, a dire il vero, in sospeso).

ho infatti accettato un dottorato senza borsa alla sapienza. e, devo dire, sono contento. non saprei dire quale sia il movente reale. forse che sia il desiderio di distruggere un sistema fossile dominato da dinosauri, ecosistema fragile in sé in aggiunta ridotto ai minimi storici da politiche culturofobiche? o più semplicemente la mamma e la pizza hanno avuto la meglio sull'orgoglio?

in realtà alla base della mia decisione v'è una pletora di considerazioni pratiche, e, perché no?, sentimentali.

cominciamo con queste ultime.
- dottore! credo di essere diventato forse quasi, mi vergogno a dirlo, patriottico..
ecco i sintomi. ho osservato il bistrattato e ampiamente bistrattabile nostro bel paese (quel paese, dove ci si va, e ci si manda,pure) da fuori, soprattutto da un meno bel paese, ma molto più florido, ordinato (rifuggo la tentazione di usare la parola civile, poiché civile è per me ben altro - forse il tibet, vi aggiornerò), sicuramente potente. l'inghilterra.
ebbene, con esatta presbiopia intellettiva, mi sono reso conto quanto potenziale alberga in italia, per venire incanalato impietosamente nelle saettelle: è con quel potenziale che voglio elettrizzare le mie meningi. strappare allo scarico una quota per me stesso. anche se non sembra trabocchiamo di cultura, elasticità mentale, capacità varie ed imprevedibili. attenzione: leviamo di mezzo la politica e le istituzioni tutte, parlo della gente, l'insieme composto dalla moltitudine dei soggetti. in italia e da molti italiani mi è capitato di essere sorpreso, sconvolto, educato ed accresciuto. così, per caso misterioso, il più delle volte. ma mai come in nessun altro luogo.
poi, sinceramente, l'erba del vicino, quando la fumi o ci fai l'insalata, sa di sòla.  il progresso delle altre nazioni, spesso posticcio e di facciata, ad uno sguardo ravvicinato sembra anche nascondere un mare di crudeltà ed ingiustizia.
è facile fare i furbi quando si ha colonizzato mezzo mondo. senza neanche aver smesso del tutto. noi "poveri" italiani non saremo stinchi di santo, certo non trovo edificante abbracciare e desiderare acriticamente i migliori progressi altrui. non credo che sia più bravo chi ha fatto fuori più "indiani", anche se ha molto più oro.
limitando il discorso ai mondi che conosco meglio, non mi è piaciuto il disinvolto modo che hanno le istituzioni accademiche, a volte, di compromettersi con il potere, sopratutto quello economico. in linea di massima ho visto molta esclusività, nel senso di alzare barricate verso l'esterno, e poca meritocrazia e democrazia nei brillanti campus d'oltremanica.
ed inoltre, se mi devo sbattere, mi sbatto per quello che mi attizza di più (filosoficamente, umanamente, intellettualmente). adesso entra in ballo il cuore. il senso di appartenenza gioca brutti scherzi. e allora se la mia strada deve essere stretta, irta, tortuosa e sterrata (e non abbiate dubbi: lo sarà), voglio scegliere il paesaggio ed i compagni di viaggio che più  mi aggradano.

soffro nel vedere a che punto siamo arrivati. andandomene non soffrirei di meno. perderei solo la possibilità di fare qualcosa.

sbaglierò. intanto questi sono alcuni dei motivi che mi trattengono qua. ne ho altri nella manica.

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