mercoledì 8 febbraio 2012

lo zen e l'arte[teca] di fare/disfare le valigie


quando fare le valigie diventa un'operazione così leggera da sembrare automatica, istintiva, c'è da sentirsi sollevati. anche da riflettere, però. anzi, da di che pensare. compongo e scompongo la mia vita, e la scopro così pocket, tascabile, nonostante la sento piena, gonfia di aspettative, come non mi succedeva da tempo. mentre piego e insacco, o, viceversa, estraggo e ripongo i panni, mi sorprendo quasi ipnotizzato a soppesare questa insolubile contraddizione.
la mia vita materiale è un universo in contrazione, che provo a mantenere in efficienza combattendo, tra le altre cose, la mia inclinazione alla trasandatezza. ho poche scarpe, conto più fedeli amici che maglioni (e sono persino capace di logorare questi ultimi con maggiore pervicacia), affido le mie gambe ad uno sgangherato “commando” di pantaloni. poche altre cose mi bastano. ho anche poca memoria digitale, troppo pigro per scaricare mi accontento della cornucopia in streaming. magari, inconsapevolmente, sto attuando la strategia della lumaca (un bel film di qualche anno fa), portandomi dietro la casa sulle spalle.
ma gli oggetti hanno questo imprevedibile dono di non essere quasi mai simbolicamente inerti. sono regali, prestiti mai resi, legittimi acquisti. tutti (anche i pochi non ancora sdruciti), è come portarsi addosso foto ricordo, memorie sparse. sono nodi, le cui estremità si stendono fino alle persone a cui voglio bene. ludovica, la famiglia, gli amici. allora mi sento un pescatore, mentre metto tutto in valigia, che con metodo ritira la rete in barca. la segue verso casa dalla solitudine della sua pesca.
è anche un rosario, grande quanto tutto quello che ho. e sgranarlo è un esercizio di memoria, una laica preghiera che mi insegna dove mi è stata concessa finora la grazia di potermi spingere. è passata la paura di guardarmi alle spalle, e non so neanche come o perché sia successo, e contemporaneamente quella di spiare avanti gli enigmi che mi attendono. allora mi permetto il lusso, ogni tanto, quando faccio le valigie, di farle a me stesso, scomponendo e ricomponendo quel che sono, quel che ho fatto o evitato di combinare.
ovviamente, con disordine q.b.
ho perso per strada meno gente di quella che ho trovato, alcuni saprei anche ritrovarli, ma non c'è fretta...
ho tradotto un libro, mio sogno di matricola (pure un buon editore, e pagato, per giunta - che culo.
faccio quello che mi piace, senza più paura che sia inutile, cioè "l'intellettuale" (e io che pensavo che non era più possibile!) - anche se a volte manderei tutto all'aria.
quando scrivo nel curriculum di essere fluente in inglese, non è più una bugia. adesso avanti con le altre lingue.
ho capito chi era quel furbo che mi prendeva in giro e mi faceva fare cose stupide: io.
voglio una casa, non so come pagarla ma ho capito più o meno dove la voglio -con un'approssimazione di 5000km- e, sopratutto, con chi riempirla - senza approssimazione - (eccessivamente sentimentale?)
da quando ho smesso di ossessionarmi per la mancanza di un lavoro, ho da fare, guadagno e pago le tasse. sono dunque diventato a pieno titolo un rispettabile membro di questa società - scherzi a parte, lo sarei stato in ogni caso.
le mie idee politiche non sono cambiate, anzi "peggiorano": in bagno costruisco teorie socio-economiche anarchiche piuttosto efficaci.
continuo a volermi fare una barca (in un lontano, improbabile, beffardo futuro), ma conservo ancora un discreto, reverenziale timore del mare.
ho imparato, sperimentalmente, un sacco di piccole cose che si rivelano utili quando meno te lo aspetti, proprio come un set da cucito da viaggio. una di queste è che la fortuna (e, confesso, ne ho avuta tanta) non è come il cioccolato: questo da solo è una goduria, la fortuna da soli è sprecata.
stavo anche imparando ad insegnare.
c'è anche chi dice che sto imparando ad ascoltare, ma non sono sicuro di aver sentito bene.
la lista potrebbe andare avanti all'infinito, ma tanto, e qua viene il bello, basta biglietto e passaporto (facciamo contenti i pragmatici e i capitalisti: anche il bancomat). il resto si cerca e si trova. tanto più facilmente quanto meglio lo si è seminato (nessuna metafora evangelica, parlo davvero di lasciare cose sparse in giro).

Nessun commento:

Posta un commento

 
Creative Commons License
This work is licensed under a Creative Commons Attribution 3.0 Unported License.