venerdì 10 febbraio 2012

revolution marketing (rivoluzione 1 par de palle)


il mio progetto didattico prevede dosi massicce di televisione. io che non ce l'ho neanche in italia, qua l'ho comprata. 270 ghinee. 35 euro, tipo. e ne vado fiero. indispensabile strumento di pratica linguistica. poi, riempie il silenzio della casa. e mi mancava anche un po', devo dire.
però non ho ancora installato la parabolica (il fatto è in progress), pertanto mi sorbisco i canali nazionali in analogico, due di informazione e cose generaliste, uno di cinema (altri non li prendo). la ricezione è pessima, devo scegliere tra audio buono e bianco e nero, oppure colore e rumore. il bianco e nero non è male.
il problema è che sono tutti canali della tv di stato. io guardo di più quello dei film, i falsi dibattiti non li seguo neanche in italiano. stranamente non c'è pubblicità. tranne una, e qua vengo al punto.
questa rivoluzione, io quasi non la sopporto più. il motivo principale sono le pubblicità che continuano a celebrare il primo anno dalla rivoluzione. con tanto di logo fisso all'angolo basso sinistro, come a natale da noi.

il fatto è che la rivoluzione egiziana di concreto pare aver prodotto solo una suppurazione simbolica autocelebrativa. canzoni, targhe, cartellini, magliette, adesivi (magneti da frigo non so). tutti sulla rivoluzione del 25 gennaio, ثورة 25 يناير (i cinesi si saranno imparati l'arabo a questo punto). e sui martiri, che sono tanti.
ma il peggio è la pubblicità. sono riusciti a trasformare la rivoluzione in un prodotto da supermercato, un dentifricio o uno shampoo.
ecco come: un muro. una dopo l'altra gli vengono stampate sopra parole come fame, disoccupazione, tirannia, repressione. poi comincia a creparsi e un '25 gennaio' in caratteri cubitali sfonda questo muro di disperazione.
il messaggio: fatta la rivoluzione, per magia i problemi sono finiti, chiaro no?
oppure un altro esempio, del tipo uomo/donna della strada intervistato/a sull'assorbente intimo, la schiuma da barba, il fottuto detersivo che non si scambia per due fustini (che turbò definitivamente il pragmatismo della mia infanzia). funziona così. contesti varie gente varia, che declamano tutti la stessa cosa (non hanno realizzato che così suona incredibilmente falso?): 'rispetto la rivoluzione, e visto che amo l'egitto, adesso studio/lavoro con serietà'. il tutto finisce su una voce che legge, vellutata, una minaccia: 'se l'ami davvero (l'egitto), lavora davvero'.
altra suadente insinuazione: fare la rivoluzione è stato un divertente cazzeggio, al resto ci pensano i grandi, ora ritornate contenti alla vostra vita. per quanto di merda possa essere. uno dei finti intervistati è un guidatore di microbus, un lavoro logorante e scarsamente produttivo, ma lui si pulisce il suo mezzo con amore, e accompagna con gentilezza la porta alle spalle dei clienti. ah! magia della finzione... la realtà è tutt'altra, credetemi: gli autisti di microbus sono giustamente nevrotici, guidano uno schifo un catorcio fangoso. e la porta ce la chiudiamo da soli noi clienti.
follia pubblicitaria? no. precisione politica.
la rivoluzione (almeno la prima, visto che stiamo già alla seconda) è stata rubata. dai militari, che sono ancora al governo (anzi, il potere succede a sé stesso secondo lo stesso pattern - abd elnasser, poi il suo vice sadat, poi il vice di quest'ultimo mubarak e ora il vice di quest'ultimo tantawi).
rubata dai partiti, soprattutto quelli islamici, che partono incendiari e fieri e, adesso che hanno il culo al caldo sugli scranni di un parlamento (la cui autorità e funzione sono incerte), sono diventati tutti pompieri (nuntereggaepiù).
quindi gli altri, il popolo quei fessi, 'grazie tante' e ritornassero al loro posto. senza rompere le scatole. e infatti, da copione, nessuna menzione delle richieste che hanno animato la rivoluzione. passate sotto silenzio. dimenticate. tutto cambia niente cambia.
allora chi ha preso il potere dà il via alle celebrazioni, in tenuta antisommossa. e il paese è diviso tra chi ci crede, gli convenga o no, e chi no, e sta ancora in piazza. provano a gridare più forte di questa affrettata retorica rivoluzionaria. e si prendono le botte, che sono ancora tante.
a quanto pare, c'è ancora chi riconosce la cacca quando gliela danno da mangiare. vediamo come come va a finire...

1 commento:

  1. impressionante...sebbene mi sia messa a leggere questo post a un anno dalla pubblicazione, mi risulta affascinante il fatto che sei riuscito a penetrare nel cuore della tragedia che stiamo vivendo tuttora in Egitto...Non è infatti cambiato nulla dal 25 gennaio del 2011 ad oggi...La situazione politico-sociale in Egitto è, a mio modesto avviso, la vera messa in scena del proverbio italiano "cambiano i suonatori, la musica è sempre la stessa"...cambiate le facce? e chissenefrega?! son sempre gli stessi discorsi, le stesse promesse e le stesse scuse...la cosa più grave è che ormai si è alzata la bandiera della religione...il tutto si è trasformato in "pubblicità" come dici tu, in una "falsità" assurda...e a soffrirne sono solo ed esclusivamente coloro che hanno creduto in un domani diverso, in un futuro migliore...ti ringrazio di cuore e ti chiedo scusa per il mio terribile italiano. Lo sto ancora imparando. Cordiali saluti

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