mercoledì 31 marzo 2010

di corsa ma non troppo

la mia mente balorda ha scelto beirut forse con un unico scopo reale. correre sul lungomare.
devo dire: ottima scelta.
quel tipo di cose che ti dici che avresti dovuto fare da subito, maldicendo il tempo perso.

correre in sè mette le idee a posto. correre a beirut è scomodo per i polmoni - più salutare fumare. correre sul lungomare è bello.

è il contrario di napoli. geometricamente, intendo. dal concavo del golfo si passa al convesso del capo. è bello inseguire il sole che cala, grande, dietro la curva, all'altezza del faro. la costa che si defila verso nord comincia a puntellarsi di luci serenamente nitide. l'aria ancora fresca fa già promesse di tepore.



è affollato. mi mescolo tanta gente fa più o meno seriamente sport. per loro più un occasione per chiacchierare, che per tonificarsi. in pochi, solitari, si concentrano nella loro prestazione.
sfilano tra gente che cammina passeggia, gimcane di ragazzi in bicicletta, canne da pesca, caffé e té in monouso, gente in panchina. carretti di foul (فول-fave), spighe e lupini danno quell'aria agrodolce di estate. ed ho avuto il mio piattino di fave.

ma soprattutto narghilè.
la quintessenza del piacere.
la riscossa della verità del bello contro il fottuto capitalismo.
all'ombra di grattacieli e condomini milionari, alla luce gialla dei lampioni, un'organizzazione che ancora mi sfugge di comprendere in fattezze ed identità, fornisce narghilè, sedie di plastica ed il fondamentale carbone. la geografia fornisce il paesaggio, dolce come queste serate, dolce come il mio golfo.
alhamdilillah, non tutto è perduto.

il piacere sta nell'immergersi in questa varietà, presente dovunque qui a beirut, ma che qua sulla corniche dà vita ad una parata scioltamente caotica. il mediterraneo ricrea l'insolente illusione dello struscio.
varietà di facce, di classe, di stili, di scopo, di look. di musica, di mezzo di trasporto. di sentimentalismo e di sex-appeal.
mi rincuora la sua caparbietà, la disarmante sincerità con cui questa umanità varia si staglia contro lo sfondo amorfo del potere omolagante del capitale misto all'abitudine al sopruso che gli ha aperto le porte e i cassetti del paese.

ma stasera dimentico la politica.
c'è l'odore del mare.
che sa già tutto.

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