lunedì 19 aprile 2010

il cairo . frammenti a posteriori .

tornato a napoli, da qualche giorno. guardo indietro ad una settimana cairota. già sembra lontanissima.

scritto poco. sono stato una settimana in ottima compagnia. distrae e distende. poi di questa città non avevo nessuna idea. mi ci sono immerso così, senza avere niente da capire. niente miti, niente aspettative da tradire. a parte una improvvisa, lunga e piacevole chiacchierata con un altro scrittore, non ho fatto un granchè. una specie di vacanza, in pratica. anche per l'osservazione.
però il posto mi ha stregato. è incredibile. terrò qualche antenna piegata nella sua direzione. magari ci ritornerò. ma ora non so, non importa.
ho scritto solo un paio di brevi appunti. 

12 aprile

beirut alle spalle. l'ultima chiacchierata con l'ultimo scrittore bella, piacevolissima. imparare dalla gente e non dai libri. salutare gente come amici. felice come un bambino, muovo verso ovest. una settimana al cairo prima di ritornare in italia.
africa. la prima cosa che ho pensato quando l'autobus preso all'aeroporto cominciava ad addentrarsi nel fluido caos urbano del primo pomeriggio. l'ho pensato e il mio corpo si è disteso. come se si fosse sentito accolto. non so bene perchè. suggestione, credo.
umm ad-dunia أم الدنيا. madre del mondo, il suo centro. non sono sicuro che tutto quello che accade passi di qua, certo è che il trambusto è magnifico, imponente. entrare in un utero abitato da 20 milioni di persone, il fresco vento primaverile trasporta gli odori di cui è gravido. densi e pungenti.
è una questione di movimenti. arrivare qua da beirut, ed il contrasto taglia la realtà come fosse una pietra. davanti ai miei occhi ancora un'altra faccia della modernità. e questa volta non sapevo cosa pensare.
ancora girato poco. visto quasi niente. in realtà non ho molta voglia di elaborare. non mi importa di capire. me la prendo di vacanza. non voglio finire per fare facili confronti.
è una prima volta, il cairo. lascio guidare le sensazioni. lo stomaco.
quello che vedo mi piace. mi incuriosisce. un mondo complesso, articolato. 
nomi di piazze e strade aiutano a ripassare la storia della nazione. ecco. è nel suo sapiente prodotto che cammino. una storia che era fatta di racconti, libri, film. immagini sedimentate nella mia memoria. e ora vive davanti a me. io dentro. sottile, dolce piacere di consuetudine. la domesticità del deja-vù. come quella che provavo a londra, tra le casette così esotiche al mio mondo ma alla cui esistenza tv e cinema mi avevano abituato inesorabili pazienti.

14 aprile 

oggi le piramidi. non potevo farne a meno. ho provato a sembrare turista il meno possibile. tagliare la distanza che lo separa dall'umanità che lo attende al varco.
non porto la macchina fotografica. camicia e jeans. compero un giornale per strada, caso mai mi venisse voglia di leggere, e per mimetizzarmi ancora di più.
decido di vaiggiare con i mezzi pubblici. metropolitana fino alla stazione di ghiza, poi un minibus. in questo caso uno di quei vecchi furgoncini WW. bianchi, assetto modificato. il coperchio del vano motore è tenuto aperto per il raffreddamento.
passando vicino all'ingresso del sito, ma fa parte di un giro più ampio. per niente turistico. ghiza è uno dei vari quartieri del cairo. la città ha mangiato il deserto espandendosi fino alle piedi delle uniche tra le antiche sette meraviglie ancora in piedi. piuttosto moderno, non sembra essere tra i più poveri.
delle piramidi non mi interessa il lato archeologico. non è arte mia. la giornata è bella, un vento fresco dissipa il calore di una giornata limpida. dal sito si vede la città. coperta dalla sua fumosa coltre, si estende oltre il punto dove lo sgaurdo si ferma.
questa la sola sensazione dominante. la mia estrema piccolezza. tanto da essere fuori scala e non riuscira a capire quanto è grande quello che mi circonda. gli uomini sono come formiche. fanno cose immense. ma il singolo non riesce a capacitarsi della figura intera.

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