domenica 25 aprile 2010

resistere. liberare.

oggi è la Resistenza. che bello.

fini in televisione a fare il bravo ragazzo, quello della destra moderna, moderata e responsabile. e noi infarlocchiti dalla celestiale visione di capofortuna. poi alla fine che ha detto? niente. alza la voce e basta. tira la corda per vedere quanto si può permettere. in realtà mi è sembrato quasi dolce, femminile. un litigio tra innamorati, poi alla fine ci si calma e si diventa ragionevoli. non conviene andare alle elezioni anticipate. a loro. a me non credo.
intanto abbiamo un fascista alla ribalta. si prende più spazio delle celebrazioni. mentre le solite polemiche accompagnano una doverosa, impagliata retorica.

come da copione, ci sono anche i violenti. che tirano sassi e petardi contro l'esponente di un partito che se ne fotte che il suo capo supremo e i membri della sua combriccola non fanno altro che offendere la memoria storica. ma lei è là, è un personaggio istituzionale. deve dire due cazzate al microfono, lavorare la domencia, che schifo. e i partigiani devono pure difenderla, per difendere l'idea di civiltà per cui hanno rischiato di farsi ammazzare. l'avessero saputo prima...
sto dalla loro parte. la tenace pazienza di chi deve mangiare questa merda per mantenere in vita la speranza che non tutto è stato vano.

tanto poi per gli altri 364 giorni tornano nell'oblio, la loro lotta non ha niente a che vedere con la realtà attuale. infatti: la barbarie nazifascista è una cosa del tutto diversa dai mostri fianziario-industriali che pascolano allegramente la nostra umanità. non c'entraniente che costringono la gente alla fame ed una vita indegna. non c'entra niente che l'interesse di pochi continua ad abusare della pazienza dei molti. se lo ripeto un paio di volte, forse finisco per crederci.

per mè è come natale. giorno di festa, in cui sono restio a lavorare, a fare qualsiasi cosa. quasi un mio shabat personale. ma preferisco darmi da fare sul libro che voglio tradurre, fare qualcosa di sensato, di carino.

un giorno, in questa occasione, o in quelle simili, la gente deciderà che indignarsi o commuoversi non basta più. e decideranno che magari è meglio fare qualcosa, qualcosa per il futuro, qualcosa che abbia un senso, un senso buono, il senso giusto della passione da opporre alla grigia accortezza del calcolo.

quel giorno, poi si chiamerà Liberazione.
come era successo un tempo.

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