mercoledì 21 aprile 2010

viaggio 2.0

i piedi per terra.

e la terrà è quella italiana, di napoli. continuo a farmi guidare dalle sensazioni. mi dicono che fa bene essere tornato. quello che mi era pesato di più, mentre ero lontano, è stato aver sfiorato solamente la mia vita a casa. mi tiravano le occasioni neache cercate, prima di averle perse. in quel paio di mesi avevo avuto il tempo di vedere come stanno i miei amici e tutte le persone che mi stanno a cuore. ho visto un mondo che è andato avanti. che ha eroso con pazienza l'instabilità, morso dopo morso creando la cosa più semplice, un piccolo spazio di tranquillità.

ora tocca a me. non voglio più continuare a fare il vagabondo. non così. mi sono accorto che, nonostante tutto, mi ritrovo in mano più di quanto credessi avessi accumulato, tra progetti che prendono il posto di altri, idee che cambiano e storie che finiscono. non imparo più niente da solo, e poi la solitudine fa paura. la scienza, la conoscienza, essere bravi non serve a niente. non mitiga quella sensazione di non averci capito niente ancora una volta, che morde il petto do dentro.
mi è stato detto che tornando così in fretta dal libano stavo gettando la spugna. in reatà la spugna l'avevo gettata da tempo in italia. ora ricomincio. ho cose da fare, e voglia di farne altre. qua.
i miei progetti e le idee si moltiplicano. addirittura, inshallah, mi capita anche di cominciare un lavoro "regolare". in fondo, le mie passioni hanno radici anche da queste parti. tocca solo armarsi di buona pazienza e dargli dell'acqua. sono stato fortunato, anche. ho occhi in cui guardare, mondi e affetti cresciuti a dispetto della mia dromomania, e mi reclamano. e tutto questo, lo voglio.
non si tratta di ricominciare, ma di continuare.
a volte, poi, faccio confusione. ed è divertente. a partire dalla topografia seppellita così in fondo nella mia caduca memoria, che  quando mi si parla di una strada o un indirizzo, rispondo alla naturalezza e domestichezza dell'informazione con uno sguardo disperso e stupito. sembro stupido. potrei fare di più. posso chiudere gli occhi, disattivare il filtro dell'abitudine, e trasformare questa in un'altra tappa del mio peregrinare.
ma forse anche basta così. sono stanco di questo gioco di estraniamenti. che mi basti quello naturale, che prende quando ci si confronta con l'assurdità circostante della realtà imperfetta. lei, con tutte le sue ingustizie e dolcezze.

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