domenica 25 marzo 2012

uomini, topi e domeniche


la domenica qua mi manca la domenica. non aiuta il fatto che qua sarebbe lavorativa, neanche il fatto che sono due anni che dedico buona parte del fine settimana a smaltire il mio carico di lavoro. sarà complice internet, che mi esplode per kilometri e mi riporta al cospetto del mare di pratiche e rituali domenicali di amici, conoscenti, ma anche sconosciuti, più o meno compatrioti. sarà anche che sono ritornato l'altro giorno e sono ancora caldo della mia donna. sarà anche che non ho voglia di lavorare, vista l'aria che tira...

anzi, credo che sia proprio l'aria che tira. dieci giorni in italia con più di un occhio sulla nascente riforma del lavoro, con le sue roboanti promesse di venir fuori una inutile schifezza malpensata e maldigerita. ma questa volta, nonostante una certa virulenza (e incontinenza) politica che mi affligge ultimamente, non entrerò in merito all'obbrobrio. perché ora non mi va e sopratutto perché entrare nel merito sarebbe anti-domenicale. metterebbe i bastoni nelle ruote del mio piano creativo. scorderebbe le corde di questo che ha tutta l'aria di voler venir fuori come un promettente post digestivo-politico-economico-emotivo.
il la me l'ha dato sandro sulla chat di gmail: la gente parte, ergo la domenica peggiora. il post su manginobrioches dell'unità mi ha finito la cottura (leggerlo vale tutti i 5 minuti che ci si perde, e mi aiuta a farmi capire): si parla di lavoro, ma ci sono lavoratori. che non sono numeri, ma esperienze, necessità, vizi e virtù. in (generalmente inconscia) anarchica caparbietà messi in rete tra di loro al di fuori della portata dell'azione dello Stato e dei suoi malevolmente zoppicanti governi. irriducibili al puzzolente zelo normativo che tanto ci incula.
buona parte del problema sta tutto qui, vite contro numeri. non è tutto il problema, che si chiama C-A-P-I-T-A-L-I-S-M-O (ci ho fatto lo spelling, per gli idioti che continuano a negarne l'esistenza) e sfruttamento (questa la lascio così, per non esagerare). il problema non è solo quello che ci vogliono fare - "ci" saremmo noi esseri umani, che dobbiamo lavorare per vivere, che abbiamo una dignità da proteggere via dicendo (si ritengano esclusi i sangueblù, i padroni, fidipà e fidipù di simil stregua). è come pretendono che consideriamo il fatto.
e il fatto è che se son ben pochi e macilenti i diritti che entrano in questa riforma (ma non era più intelligente lavorare seriamente sulla corruzione, la concussione, l'evasione?), di umano ce n'è ben poco. è la tenacia psicopatica degli economisti moderni a trasformare tutti in individui, e le vite in cifre tenute ben separate sotto controllo, pensioni, salari, indennità, indennizzi, e puttanate varie. tanto, in qualsiasi modo vengano presentate le cose, non cambierà molto finché le cose saranno considerate in questi termini. da un lato un termine "il lavoro", che è stato espropriato a chi lo fa, ci vive, lo vuole e lo cerca proprio in virtù di questa concettualizzazione. questa astrazione che da diritto è stata trasformata in topo da laboratorio. dall'altro il fuori, noi umani nelle pieghe più minute della nostra concreta esistenza, che non riusciamo più a vivere con dignità proprio perché la della sua concretezza è stata spossessata. e per questo ministri per certi oscuri versi intelligenti (credo nell'assurdo) sparano una cazzate come quella degli sfigati e della pasta al pomodoro: per rubarci anche il sentore di come siano in realtà le cose.
il lavoro, il topo, ora, ce l'hanno loro. i capitalisti. e ne fanno quello che vogliono. fanno gli esperimenti, lo fanno mutare in innumeri forme, una più raccapricciante dell'altra. e fanno passare il loro surrogato prodotto dalla loro isterica follia come la cosa vera. quella che noi umani dobbiamo desiderare, a cui noi dobbiamo anelare. magari credendoci gatti, ma finendo ancora più topi del topo del loro laboratorio (non me ne vogliano i topi per queste metafore, non ho niente contro di loro).
ed è per questo che io non capisco neanche il sindacato, che mi sembra tanto che faccia battaglie di topi. pochi topi lottano per diritti che poi quando sono visti da lontano non sono altro che rattidi privilegi. qualcosa di esclusivo, alle spese di altri, che uno ha e un altro paga, e un terzo (i soliti pochi) ci guadagna.
e allora ritorno alla domenica. alla mia mancanza di domenica. che non vuol dire per forza alzarsi tardi con i postumi. in realtà riguarda più il fare le cose insieme, andare da qualcuno, cucinare, mangiare (che comunque è il 70% della mia idea di domenica), parlare, litigare. potrebbe anche voler dire mettere in rete con famiglia, amici, chi cazzo si vuole, quello che si è fatto e quello di cui si ha bisogno, chi ha porta chi no siede a tavola uguale perché è così che si fa e si è sempre fatto. potrebbe anche voler dire non solo scambio materiale, ma anche emotivo: rassicurarsi, confrontarsi, fare massa critica come i ciclisti cinesi.
un'idea di sviluppo che riguardi tutti, in tutti gli aspetti del vivere. è così azzardato? forse anche presuntuoso direbbero altri (sfido chiunque lo direbbe: sono pronto a dimostrare che sei tu un presuntuoso coglione). è un'infantile chimera? magari guardando bene ci si rende conto che la realtà non è proprio come vogliono farci credere che sia.

1 commento:

  1. Spero che alla fine, nonostante tutto, sia stata una buona domenica.
    Ciao e alla prossima!

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